La fine della storia

«Ah - aveva esclamato lui - dici le stesse cose ogni anno e alla fine? Ti ritrovo qui, cara la mia coraggiosa zitella. - le si era poi avvicinato, lo sguardo più mite, condiscendente - Dai, la verità è che tu non puoi vivere senza di me! È solo che t'intestardisci in certe stupidaggini, questi cliché da famiglia medio borghese, l'ufficializzare... ti annoieresti da morire a quel viaggio aziendale del cavolo, te lo assicuro... io ti conosco chérie...»

A quel punto Luciano le si era avvicinato ancora, un sorrisetto di trionfo sulle labbra, posandole infine un casto bacio sulla fronte. Quella era stata l'ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Amelia si era staccata violentemente da lui e afferrando con veemenza la maniglia della porta era sbottata in un «Vedremo!», prima di sbattere la porta e lasciare dietro di sé quella relazione-non relazione con il presuntuoso Luciano.

«Sono rimasto lì solo due giorni. - stava dicendo ora Luciano - La domenica sera ho fatto le valigie e sono tornato in città. Non sono neppure passato dal mio appartamento, mi sono fiondato direttamente da te. Ma tu non c'eri e, be', ho trovato Missy dalla tua vicina e l'ho portata con me. Marilena mi ha detto che saresti tornata solo la settimana dopo e...»

«Sì, Luciano, sì. - lo interruppe lei sbrigativa - E poi, per evitare di irritarmi l'hai riportata da Marilena, il giorno prima che tornassi, così che io non mi accorgessi che avevi portato la mia gatta da te, perché così potevi avere una parte di me e bla bla bla... Marilena mi ha raccontato tutto, anche il modo in cui ti sei premurato di farle capire bene cosa e come dirmelo!»

«Sei ingiusta adesso, Amelia.»

Il fatto che avesse utilizzato il suo nome e non qualcuno dei suoi gallici e leziosi appellativi, significava che aveva smesso di nascondere la propria irritazione. Finalmente, pensò lei. Amelia riusciva a tener testa al Luciano immaturo e rancoroso, perché faceva di tutto per essere antipatico e ci riusciva. Era quando i suoi modi cambiavano e diventava tutto dolcezze e moine, che Amelia non riusciva più a mantenere la propria lucidità.

«Sono io quella ingiusta, vero? Ti ho detto che sarei partita per la Giamaica quasi tre settimane prima che tu partissi. Se avevi intenzione di passare con me il resto delle ferie, perché non me l'hai detto allora, eh?»

«Sai bene che ho dei doveri. Ho una posizione importante. Quando ho visto com'era la situazione, ho capito che mi sarei potuto allontanare...»

«Oh! - lo interruppe ancora lei - Ci mancherebbe altro! Certo, dovevi prima controllare che i poveri plebei si potessero divertire anche senza il principe. Mentre il ranocchietto qui aspettava che qualcun altro decidesse come doveva passare anche lei le sue cazzo di ferie al contagocce! Ma cosa ti credi di essere...», si interruppe. Per un attimo le mancò il respiro. «Basta Luciano. - disse infine, con voce pericolosamente calma - Adesso basta. Vatti a far curare le tue manie di grandezza o la sindrome di Peter Pan o quello che diamine ti piglia in testa, e lasciami vivere in pace, ti sta bene? Ci sono momenti in cui le cose finiscono. E per me è finita!»

* * * *

«Ciao zia, ti disturbo?»

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