La fine della storia

«E com'è che sei qui allora?», bisbigliò allora Amelia. Subito si portò una mano alla bocca incredula di aver davvero pronunciato quelle parole.

«Che vuol dire perché sono qui?»

Adesso Amelia lo riconosceva. Il tono sgarbato e irritato. La voce tagliente. Odiava la sua serietà, odiava il tono calmo che si era imposto, quello che si usa con la gente malata.

«Voglio sapere come stai o forse non sono più degno nemmeno di questo? Vuoi che mi metta in ginocchio e ti chieda perdono? Non so nemmeno di cosa dovrei farmi perdonare!»

Amelia si girò lentamente verso di lui. «Ti ha cercato lei vero? È venuta a pescarti dicendoti che stavo male, non è così?»

Luciano la guardò stranito. «Pensi che abbia inventato tutto? Pensi che Nanda mi sia venuta a raccontare qualcosa di sua spontanea volontà? Si vede che non le conosci le tue amiche. Proprio come non conosci me. Negli ultimi dieci mesi non ho fatto altro che alzare quel maledetto telefono e comporre il tuo numero, per poi sbatterlo giù subito dopo. Che ti dovevo dire? Tu ti volevi sentir dire cose che io non sapevo nemmeno pensare. Forse mi mancavi, non lo so. Forse mi mancavano solo le nostre abitudini. E quando nemmeno tu chiamavi mi dicevo che allora stavolta era finita davvero, che ci credevi e io non avevo niente per riportarti indietro. Non sono mai stato John Travolta, vado per i cinquanta e si vede e tu... tu sei tu...»

Amelia si lasciò cadere su di una sedia, la faccia rivolta verso la porta d'ingresso.

«Perché non sei scappato appena mi hai vista così? Non ti faccio abbastanza paura adesso?»

Luciano nascose il viso tra le mani e sospirò. Quindi si alzò dal divano sul quale era seduto e si avvicinò ad Amelia. La sua mano si tese verso di lei, quasi ad accarezzarla. Poi cadde giù, stanca e sconfitta.

«Un giorno mi sono svegliato nel mio letto e mi sono reso conto che non c'eri. Non è stata una bella sensazione. Quando Nanda mi ha detto che avevi un tumore, quando mi ha detto che stavi male, mi sono reso conto che potevi anche non esserci mai più, non solo nella mia vita. Ho pensato ad Erica. Non è strano? Tua nipote l'avrò vista due volte nella mia vita e ho pensato che sarebbe stata malissimo senza di te.»

Amelia sollevò gli occhi su di lui, lo scrutò per un attimo. Poi si alzò di scatto dalla sedia e si allontanò da lui, ma sempre tenendo il suo sguardo fisso su di lui.

«Non farlo Luciano. Non farmi questo. Tu non sei così. Sai perché ti ho lasciato... tu non c'eri nella mia vita, non ci sei mai stato per me. Non puoi ricordarti di me adesso, adesso che sta finendo... non avrò più il controllo della mia vita, dovrò affidarmi agli altri e non so nemmeno per quanto. Non posso credere in te adesso, ai tuoi cambiamenti, non ne ho più il tempo.»

«Non ci credere allora. Non ti chiedo niente, voglio che sia tu a chiedere a me. Farò tutto quello che vuoi. Se vuoi che me ne vada, se vuoi che non ti cerchi più, io prendo quella porta e non mi faccio più vedere, te lo giuro. Se hai bisogno di me, io ci sono. Vuoi un'autista, vuoi un cuoco... no quello meglio di no...»

Amelia scoppiò a ridere.

«Sai cosa mi fa rabbia davvero? Che quello che dici adesso avrei voluto sentirlo prima. Avrei voluto godere della tua compagnia quando ero ancora viva, quando avevo ancora un

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