Parlare di Miyazaki non è come parlare di un semplice regista di cartoon, perchè lui è capace di creare un mondo diverso dal nostro, sicuramente più bello, dove quello che rimane in fondo all'anima sono come le sensazioni di un bambino di fronte ad un sconosciuto e magnifico paesaggio, dove tutto ma proprio tutto puó succedere.
Cosa può provare un bambino se non meraviglia, un pò di paura ma che è poi stimolo per continuare a perlustrare il nuovo mondo che ci si apre attorno. Gli adulti, come anche gli oggetti o i luoghi familiari, diventano come le gambe del papa su cui ti lanci e ti aggrappi quando non vuoi che il mondo ti tocchi, perchè per quanto bello proprio non lo capisci.
Cosi la piccola Mei si lancia su tutto quello che c'è di morbido, caldo e gentile, non importa se lo ha conosciuto adesso, non gli importa se potrebbe essere uno spirito del bosco che dorme, l'importante è alzarsi da terra e non toccare quel meraviglioso mondo che per un attimo ci ha tradito regalandoci un dubbio, una perplessità.
I disegni della piccola Mei sono tenerissimi e non nascondono l'amore di Miyazaki per l'espressività e l'approccio dei bambini alle cose. Quando sola risponde alla paura socchiudendo gli enormi occhi e allargando la fronte non possiamo far altro che sorridere e compiacerci della nostra umanità, perchè noi siamo stati uguali quando crescendo abbiamo affrontato il primo giorno di scuola o la prima visita dal dentista.
Su tutte le scene di questo film, riproposto alle sale italiane dopo quasi 20 anni dall'uscita in giappone, due mi hanno esaltato per la poesia e la fantasia: una è la scena dell'attesa alla fermata dell'autobus per la delicatezza e la semplicità con cui l'autore mescola elementi surreali e elementi di estrema quotidianità; l'altra è la scena in cui Mei siede a gattoni sulla pancia, morbida e pelosa, di Totoro e si diverte a farli il solletico sul naso, mentre lui dorme.
Non vi rivelo chi sia Totoro, però se vi va di uscire dal grigiore delle nostre vite d'ufficio vi consiglio questo film per tornare a vivere le sensazioni dell'infanzia e riprendere contatto con quell'istinto sconosciuto che è la nostra fantasia.