Ogni luce di interni, ogni albore del cielo, che splende durante questo film, è soffuso ed intenso. Trasmette qualcosa che però non si legge nello sguardo del protagonista, anzi è in aperto conflitto con la sua solitudine e la suo viso spento alla ricerca di qualcosa che lo infiammi.
La solitudine dei personaggi di Kaurismaki in passato mi ha quasi irritato ma qui questa condizione umana si sublima, e proprio nel contrasto con il colore accesso della pellicola, che sembra ricordarci il nostro bisogno di calore, si fa lirica e si rimane come incantati ad ogni scena.
Koisiten, il protagonista, fa una vita comune ed un lavoro comune, che lui soffre in quanto tale, come guardia di una gioelleria. Quando un'avvenente bionda lo avvicina, lui si sente toccato da una possibilità di riscatto da quel mondo e dal quel colore che neanche nella pellicola sembra toccarlo, e se ne innamora silenziosamente ed in "bianco e nero". In effetti lei trama alle suo spalle per conto di un bandito, e rappresenta un colore che tuttavia è tanto triste quanto non comune è il suo mestiere: una via di mezzo fra la prostituta, la truffatrice e la sguattera.
Eppure anche lei è indifferente al bainco e nero di Koisiten e al suo tentativo cieco di difenderla e giustificarla, anche di fronte all'evidenza del suo doppio gioco. Niente riesce a separarla dal suo mondo, si ha sempre la sensazione che prima o poi decida di ribellarsi a quella che poi è una prigione uguale a quella del povero ed illuso innamorato, ma a colori. Inutile il tempo passa, e man mano un altra figura femminile, sotto la luce dell'insegna del suo camioncino per panini, cominicia ad apparire e a mostrare la sua gentilezza in un crescendo dolce come la speranza.
Sicuramente il film di kaurismaki più bello che ho visto finora, proprio perchè la solitudine solita dei suoi personaggi non è fine a se stessa, anzi confina stavolta con il mondo, quello con i colori della degradazione ma anche quello con i colori della speranza