L'amica geniale di Elena Ferrante

L'amica geniale di Elena Ferrante

Quando ho visto la prima stagione dell'omonima Serie TV prodotta dalla Rai con la regia del bravissimo Saverio Costanzo, ho subito sentito le pagine di un libro dietro ogni fotogramma, e sopratutto il pensiero ad ampio respiro e lo spirito critico che la pratica lenta dello scrivere richiede. La settimana dopo gia' avevo sottomano I 4 libri della saga di Lenu' e Lia, che sono le due bimbe protagoniste di una vicenda che racconta come l'incubatrice del nostro meridione possa favorire la crescita dei nostri piccoli, prematuri perche' svantaggiati per possibilita' economiche e sociali rispetto ai contemporanei di altre parti del mondo. 

 

La violenza sembra la prima tetta che il caldo soffocante riesce a regalarci per non farci piangere e dimenticare che siamo pecore al pascolo, che solo il bastone puo' tenere lontano dall'oscurita dei lupi e al sicuro vicino al misero pasto delle mangiatoie.  Raffaela Cerullo e Elena greco si conoscono dai giochi del cortile dove crescono all'ombra di genitori poveri e lavoratori, succubi della paura e della dovuta devozione al prepotente di turno.

Le vendette di Don Achille incutano nelle piccole il terrore delle legnate che si abbatteva verso chi, di fronte alla fame, alzava la testa. Come un mostro grasso, enorme e brutto, Don Achille soggiogava persino la vite delle loro bambole, che bisognose di protezione, chiedevano alle loro madri di difenderle, anche quando sembravano sparite, rapite o fagocitate dal mostro. Insieme troveranno il coraggio per chiedere conto delle loro bambole rapite, secondo la loro fantasia, da Don Achille, principale artefice dei sopprusi del quartire,  come per riscattare la loro terra e rivendicare la possibilita di far crescere le proprie bambole in un ambiente libero dal malaffare.

Il romanzo e' anche il racconto della loro amicizia che evolve con le loro vite in momenti di dipendenza, conflitto e malinconia, fino alla coscienza del completamento dell'uno nell'altra, nonostante il carattere remissivo di Lenu' che talvolta soccombe sotto la volonta' granitica di rivalsa di Lia. E' lei la vera amica Geniale, che sottratta dalla poverta' e dall'ignoranza del rione al diritto dello studio, privata anche dellla propria adolescenza e costretta a sposarsi a 15 anni, si rispecchia nei successi scolastici di Lenu'. Ne diventa l'alter ego o meglio ancora la meta' impantanata nei liquami del Rione, contro l'altra parte che puo' andare a studiare fuori la Campania, e persino realizzarsi come scrittrice di successo. Di conseguenza entrambe , l'una con l'altra, rimangono radicate nelle consuetudini violente e  tradizionali della loro terra, ed allo stesso tempo se ne liberano in volo riuscendo a guardare dall'alto le proprie miserie.

Due sono I momenti piu' splendidi del romanzo, o almeno le vette che spesso cedono il passo ad abissi di sconforto, in cui gli intrecci degli eventi risultano convulsi, banali per limitare la storia ai pochi personaggilia e Lenu' da adolescenti del rione, e quindi somiglianti alle sequenze di rapporti di una telenovela:

Per prima la descrizione della loro infanzia spiega benissimo come le condizioni sociali possano determinare l'insuccesso e allo stesso tempo la frustazione di chi sa di avere una intelligenza e predisposizione superiore alla media, ma che, non trovando un humus fertile, si trova a soccombere sotto l'ombra dall'erbaccia cattiva. L'unico modo di ribellarsi all'arido terreno in cui si cresce e' quello di fare rete e sistema dal basso ribellandosi al don Achille di turno. E' cosi che Lia lavora per tirare il meglio di ogni amico del rione. Aiuta Enzo, il povero fruttivendolo, nella sua passione per i calcolatori. Aiuta Lenu a diventare una scrittrice di successo provocandola per pungolarle l'orgoglio e farle uscire il meglio di se'. Aiuta Alfonso a scoprire la sua natura effeminata, che la violenza del rione vuole repressa. Aiuta ogni amica o amico nello scroccare posizioni lavorative o soldi ai Solara, che dopo la morte di Don Achille, soggiogano il quartiere con gli stessi metodi mafiosi. A volte appare crudele, perche' lei e' dentro una battaglia senza esclusione di colpi, ed un generale non puo' mostrar il fianco a chi e' pronto a pugnalarti alle spalle pur di difendere I propri privilegi.

Di una realismo senza uguale e' poi la descrizione della fabbrica di salumi Soccavo. L'autrice la descrive come un luogo, della periferia di Napoli, dove le bestie non sono piu' gli animali macellati e appesi ad un gancio, ma gli stessi operai disumanizzati e ridotti a larve con istinti primordiali, dove sola la brutalita' fra sottoposti, il sesso violento e la soggiogazione della donna puo' restituirgli almeno la coscienza di essere vivi, non piu' automi o morti che camminano. E gli studenti,  che provano con l'entusiasmo delle ideologia dell'epoca, a riscattare con parole come diritti, sindacati e dignita' le vite vuote dei lavoratori, finiscono per apparire marziani, provenienti da mondi agiati e civili, che giocano all'esplorazione.

Su tutto domina una Napoli rumorosa ed inerte, che contrasta con la vivacita culturale di Pisa, Firenze, Milano e Torino e che si rivela a poco a poco alle protagoniste, dapprima rinchiuse nel rione fino alla puberta', e poi pian piano assorbite nel vortice dei quartieri nuovi e del centro. Lia riconosce il Rione e poi ogni quartiere di Napoli, come esseri viventi pachidermici, con tesori invisibili ai profani, infinite storie dimenticate di nobili, bruti e plebei ,  certe volte assimilati con la  lentezza richiesta della digestione sotto un sole cocente, altre volte velocemente sotto la violenza di terremoti e di pruriti del vesuvio, che non danno il tempo di pensare se non alla morte imminente.  E' solo a quel punto che Lia si arrende e cede le armi, perche'  e' lei stessa in procinto di essere divorata dalla vecchiaia e dal nulla in cui cadono le ragioni stesse della nostra arretratezza cuturale e sociale , di diventare lei stessa una delle tante storie sommerse, e non salvate, di Napoli e del nostro Meridione.

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