FOGLIE

luogo: Milano, parco nord

I.

Impiccato, sostenevo le ragioni del mio discorso:

"La malinconia è il mio scultore,
lo scalpello che mi grida statue e pensieri,
il mio big ben ed il mio primo vagito
in versi"

in quel momento appesa con me
Lei batteva, più forte del mio cuore,
il sangue fin dentro le radici del mio sguardo,
linfa dell'albero che mi strozzava il collo,
fin dentro il mio respiro e l'aria bagnata
della pioggia battente attorno.

Tutto pulsava.

Quando ero piccolo spegnevo le ansie del mattino
nella grande tazza e calda di latte
e la notte rimaneva, fra le pagine di un libro,
chiusa prima del mio sguardo.
Adesso serro le palpebre al vento
che domani arriccerá i capelli
dei bambini in corsa,


e non esiste alba.
Intorno la notte fa paura,
ma forse di più questo mattino
che mescolerà alla rugiada

i miei pensieri
giù fra le rughe della terra.

Non ho più un capezzolo vicino alle labbra,
solo il sapore della fame e della falce,
e le foglie mi volano sul viso,
uniche pagine e versi d'amore
al mio vuoto dentro, al mio paese d'anime
dove ogni abitante è uno stelo mozzato,
l'ombra ed il buio di stelle sloggiate.

L'unica salvezza è la mia malinconia:
la via lattea che spazza il nero
dell'assenza, corolla di ogni fiore mancato,
la schiuma di un cappuccino
sulle labbra secche del mio indelicato mattino.


 

II.

L'azzurro talvolta
si spiega in piccole gocce
e piove.
Ma stanotte non è possibile,
il cielo non esiste e c'è lo stesso buio
fra me e la malinconia:
Non vedo più luce
solo silenzio,
,solo un intimità infastidita,
forse trasognata fra i baci delle stelle

AH potessi vedere
la sofferenza delle loro labbra,
lame controvoglia,
ficcate contro il cuore crudele
del nulla,
una via lattea ormai svanita,
una costellazione spenta
che morendo non grida più fuliggine e
malinconie.

E neanche io sento più il dolore
del parto.
e mi manca il grido dell'Impiccagione dentro,
e sento meno la mia carne che fuma;
sento solo la mia brace, erba e cimitero
che grida
per il suo mancato pasto e fosso.

Dispero
mentre il cielo abbandona del tutto Milano
al controllo della luce elettrica
e dei lampioni sul marciapiede.
Gli alberi nei parchi rimangono
come un senzatetto con una coperta di foglie,
che non copre neanche le gambe,
come un rifiuto sull'asfalto pulito.

"sono appeso alla malattia di questa città,
e solo la febbre della diversità potrà allentarmi
il laccio al collo e far ricircolare il sangue e
la via lattea".
E' proprio la malattia, che ci vive addosso,
l'anima che ci cresce sulle ginocchia
e ci racconta,
con uno scialle da nonna,
favole e torture,
accarazzandoci con rughe e baci.

Ricordo quando con il mio grembiule di malato
correvo fra i corridori dell'ospedale e dell'infanzia.
Ricordo quando abbagliato dal bianco delle pareti
ho dato il mio primo bacio:
talmente era bella
che non posso ancora nei sogni non regalarle fiori
e germi.

La febbre mi ha guarito
e come prima medicina ho ingoiato la notte
e maledetto i sogni
con il sudore dell'insogna.
Nessuna donna mi ha baciato cosí intensamente,
come l'alba sudata al mattino,
fra le calde coperte dell'assenza,
come il ghiaccio della falce
abbraccia le lacrime degli infermi.

Milano ha una vita di cemento e spazzatura
e tante cliniche private di dolore e fantasia,
e anche gli alberi di questo parco sono matti:
guardano le ventiquattrore in cappotto lungo
e appoggiando il mento sulle proprie foglie
borbottano un' espressione gialla d'autunno:
E´ l`alba
e via gíu i capelli, e la pazzia ed il freddo inizia;
ed io solitamente mi risveglio,
al cadere delle foglie,
fra le coperte calde dell'assenza.

Quando fa freddo, a Milano non si vede il cielo,
solo l´anima di tanti rami spogli.
Sotto le luci e i rami dell'ospedale, le urla
della sala parto,
le corse delle infermieri
con su la lettiga i nostri sogni
agonizzanti e striscianti,
come vermi malati,
non piú esche per l'ingenua felicitá,
ma semi della mia malinconia!

Al primo piano una vecchietta
tende la mano al nipote:
su ogni ruga delle dita
un mucchio di petali di margherita,
su ogni macchia della pelle
un bimbo non nato.
Sul suo sorriso peró
ogni anziano che ride,
un mazzo di fiori
per l`amore rinato, con scarpe da tennis
ed un lieve odore di prato, vermi e concime.

Al secondo piano la malattia
visita un paziente
e con sguardo severo
ne annuncia la fioritura,
mentre un medico con occhiali da sole
vede solo il chiaro di luna
e prescrive nuvole e crisantemi.

Quando una persona ti bacia
ti ammala, ti dona una ruga in piú e
tanti petali di malinconia.
Quando la malattia s'ínnamora,
ti bacia, ti dona il quinto sorriso e
tanti petali di malinconia 
Non riesci a contarli tutti,
ma son tanti quante le vene che ti si ingrossano
e rimani come uno strozzato ruscello  fra le sponde
del "muoio o non muoio",
perché hai le vene ingrossate di petali
di margherita.
Quando una persona ti bacia
le labbra e le interiora si sussurranno a vicenda:
"muoio o non muoio".

Adesso canto la filastrocca di una margherita e
mi sfoglio dei miei petali

mentre guardo dall'ultimo piano dell'ospedale
il paesaggio e gli occhi riflessi della gente
sul lago dell'asfalto.

Le alpi sullo sfondo sono
la dentiera per il sorriso mancato di un gigante
e il cielo è la gola che deglutisce gli sguardi.
Chissà se esiste un dottore su questo piano
che ha per pareti nuvole e per luce
la mia fantasia?
Avrá i denti grigi come la malattia o
solo un profumo di alloro bollito?
O forse somiglierá a questa corda morta
che invidia il mio respiro.

Appeso a questa corda mi sento come
all´ultimo piano di un ospedale.
Non c´é  finestra che non sia un suicidio e
non c´é una porta aperta che non sia un sorriso,
ma le scale sono come la gola che deglutisce gli sguardi.
L`unica salvezza é la malinconia,
e lo sguardo di una rugosa fanciulla,
che posa il ricordo della verginitá
,come una lettera di un amore morto,
nel cassetto del comodino
accanto alle medicine.

 


 

III.

Il suo sguardo d'amore é un coltello

per questo cordone che mi lega all' albero

e non c´e´ affetto nel frusciare delle foglie,


e cosi impiccato mi chiedo:

"perchè da quassù non vedo il mare?"

" si stenda sulla brandina e si spogli!"


Mi siedo esterefatto,

su lenzuole fredde come foglie di notte,

mi tolgo la camicia,

e poi la pelle. Dentro c'è un marinaio,

che scruta l'orizzonte e accanto una ragazza,

forse innamorata, ma annoiata.


Il marinaio guarda il mare,

ne bacia la guancia,

mentre si domanda dove sia la terra ferma


" Ma lei chi é?", chiedo preoccupato

" io sono il dottore, lei ha il mare dentro,

e dobbiamo rimuoverlo."


La fanciulla si appoggia al bordo della nave,

e sospira

perchè il mare è calmo e non c'è vento

che trasporti l´odore del sale,

ma io barcollo sulla fune e un onda improvvisa,

silenziosa come un sicario nella notte,

le scuote la camicetta contro il seno

e forse il cuore.


"dottore, perchè non provo dolore?"


" perche lei ha il mare dentro,

e dobbiamo rimuoverlo"


La fanciulla guarda altrove

e con le dita disegna nell'aria i suoi sogni,

mentre il marinaio bacia il cielo.


Lontano dal mare

le luci dei fari

illuminano di tanto in tanto

il mio palconescenico e la corda,

e ogni volta il buio e poi la luce.

Cosí senza un senso,

sfrecciano le auto nell`autostrada accanto,

come moscerini che sanno della morte vicina,

i miei unici spettatori,

in un odore intenso di nafta e di foglie.


Il marinaio vorrebbe abbracciare anche una nuvola

ma il vento comincia a soffiare.

La fanciulla dopo aver disegnato un cuore

lo soffia via sul mare, e il mio cuore scompare,

come al largo un messaggio in bottiglia,

con la nuvola del marinaio al seguito.

Rimane al marinaio il cielo

e la sua guancia azzurra


Io barcollo di nuovo sulla fune

e il marinaio cade indietro

ed il mio cuore é inghiottito da un onda anomala,

come un ultimo respiro.


La fanciulla guarda il mare

che inghiotte se stessa e piange

con lacrime e cristalli.

Il marinaio per terra la guarda

e i suoi sguardi

si rifrangono in arcobaleni,

tremolanti come il mare increspato.


Il medico: "perché vuole morire?"


“Ho bisogno di un’ anziana

donna che conservi le mie lettere per l'eternità”


“Io le posso solo sistemare

un bellissimo comodino,

nella sua stanza d’ospedale.

E comunque lei non ha

che farsene del mare! se ne sbarazzi!”


Il marinaio la bacia

Con la stessa solerzia

Con cui ammaina una vela.


Non vi sarà mai nè una lettera nè

nessun comodino, solo un bacio

che veleggia lontano sui tramonti

fino a perdersi col mio cuore


“Dentro ho un bacio, ma

non ne sento l’eternità.

Dottore, perché non mi visita?


Mi controlli il polso per favore?”


"No, lei non è malato,

perche appeso sulla corda

è il paziente perfetto,

che non ha ricordi o lettere!

Lei non è malato,

ha solo il mare dentro!

Se tutti fossero come lei

il mio lavoro sarebbe facile:

un suicidio e via…

Ma lei ha quel dannato mare dentro!

Adesso devo andare,

ho una vecchia paziente in fin di vita.

Devo esser sicuro che anche

lei non abbia il mare dentro,

ma solo tanta terra,

tanti strati di terra

che nessuna lettera in mezzo

mai potrà prendere il largo.

Lei, come la vecchia,

dovete tornare terra, fossile e

pietra di cimitero."


Nel secondo piano dell’ospedale

un uomo calvo subisce

la figlia inviperita che grida

contro il mondo

che la trova grassa e

con le rughe.

Lui vorrebbe dire

Che lei ha sempre sorridenti treccie

E un passo fresco di cerbiatta,

ma tutte le rughe del mondo

non gli danno il permesso

di pronunciare parola.

Preferisce sorriderle,

darle un bacio con il pensiero, ma

ci sono le rughe accanto, sopra e sotto, ovunque.

Quando la figlia va via, le rughe

vanno con lei, e lui ritrova il suo

cassetto del comodino.

Sospira!! Con le rughe se n’è andato

il presente, il dolore e la sua vecchiaia.

Il cassetto si apre ed una

coccinella tinge di rosso

un punto

della flaccida e pallida pelle

di questo ospedale.


Ho un bacio dentro!

E’ come una conchiglia

Sulla spiaggia.


Il marinaio si china,

la raccoglie e l’ascolta:

c'è dentro una vecchietta

che si stringe al seno le sue lettere d'amore,

e il volo di una coccinella.


L’uomo calvo raccoglie

Il fermacapelli a forma di coccinella

E ne osserva il movimento e il

timido volo fra le sue dita.

Un amata, in qualche lontano atollo,

del mio mare,

avrà sulle sue di dita

dato il dono del volo

a questo inerte oggetto.


Chissa come? Con un sospiro?

Non ha importanza, in ogni caso

adesso vola fra mondi, dita

e di sguardi galassie,

di cui solo un innamorato

può esserne il Dio.


 

 

IV.

Ti amo.
Il sole scende sulla mia guancia
e tramonta.
io chiudo gli occhi
e l’assenza
aspetto di noi stessi:

quando insieme si dorme
si baciano i corpi,
e non si pensa,
al ritmo del respiro.
E il verme non sputa
se stesso, e sogna
la parola amore.

Per questo forse
sono appeso adesso:
quando le nostre menti son punti,
e non esplodono più in vulcani
e di farfalla voli
allora il sonno arriva,
e ci scopre abbracciati
nudi
a frecce di cupido.

Si intenerisce il sonno
come una madre,
e ci rimbocca di palpebre
i baci.

Ma se invece ci scopre
impiccati come pensieri svegli
allora non esiste notte,
E si sta sotto una pioggia
Di sospiri al chiaro del soffitto,
Umidi dentro una coperta,
Umidi dentro un odore di terra
bagnata e attorno!

Per questo sono appeso adesso
voglio che mi rimbocchi i pensieri
la notte.

D´improvviso una coccinella
sul volto, e le dita di tante persone.
Ma solo una foglia
dal mio viso
scende come lacrima.

L´uomo calvo
hai i capelli e il soffitto
è intrecciato di vitigni.
Il sole con le dita di un pescatore
palpa la vita dentro la rete,
e illumina a macchie la stanza
e il cuore
perchè tutto somigli
ad una coccinella.

Il cappio al collo,
che mi cresce dentro,
è solo la larva della coccinella.

La vecchietta sta per essere operata.
Il dottore vuole rimuoverle
le lettere dal comodino:
Subito in volo
come disegni di bambino
le pagine d’amore.
Il dottore disperato
prova a trattenerle il respiro
ma anche quello è volato.

Una foglia mi cade sul viso.
Apro gli occhi
e non amo più.

L'azzurro talvolta si spiega in piccole gocce

e piove.

Ma stanotte non è possibile,

il cielo non esiste e c'è lo stesso buio

fra me e la malinconia:

Non vedo più luce

ma solo il silenzio,

di quello che, spero, siano

i baci delle stelle

 

Ha potessi vedere

la sofferenza luminosa delle loro labbra,

lame ficcate contro il cuore crudele

del nulla,

una via lattea ormai svanita:

una costellazione spenta

che morendo non grida più fuliggine e

malinconie.

 

E neanche io sento più il dolore
del parto e del pensiero
e mi manca il grido dell'Impiccaggione dentro,
proprio ora che, facendo le valigie
verso la
ragione dell'uomo,
sento meno la mia carne che fuma,
sento solo la mia brace, erba e cimitero
che grida
per il suo mancato pasto e fosso.

-----------------
Dispero
mentre il cielo abbandona del tutto Milano
al controllo della luce elettrica
e dei lampioni sul marciapiede.
Gli alberi ne parchi rimangono
come un corpo estraneo,

un tumore sull'asfalto pulito.

"sono appeso alla malattia di questa città,
e solo la febbre della diversità potrà allentarmi
il laccio al collo e far ricircolare il sangue e
la via lattea".
E' proprio la malattia, che ci vive addosso,
l'anima che ci cresce sulle ginocchia
e ci racconta favole e piacevoli orrori,
accarazzandoci con rughe e baci.

Ricordo quando con il mio grembiule di malato
correvo fra i corridori dell'ospedale e dell'infanzia.
Ricordo quando abbagliato dal bianco delle pareti
ho dato il mio primo bacio:
talmente era bella
che non posso ancora nei sogni non regalarle fiori
e germi.

La febbre mi ha guarito
e come prima medicina ho ingoiato la notte
e maledetto i sogni
con il sudore dell'insogna.
Nessuna donna mi ha baciato cosí intensamente,
come l'alba sudata al mattino,
fra le calde coperte dell'assenza,
come il ghiaccio della falce
fra le lacrime degli infermi.

Milano ha una vita di cemento e spazzatura
e tante cliniche private di dolore e fantasia,
e anche gli alberi di questo parco sono matti:
guardano le ventiquattrore in cappotto lungo
e appoggiando il mento sulle proprie foglie
borbottano un' espressione gialla d'autunno,
E´ l`alba
e via gíu i capelli, e la pazzia ed il freddo inizia
ed io solitamente mi risveglio,
al cadere delle foglie,
fra le coperte calde dell'assenza


Quando fa freddo, a Milano non si vede il cielo,
solo l´anima degli alberi spogli.
Sotto le luci dell'ospedale, le urla
della sala parto,
le corse delle infermieri
con su la lettiga i nostri sogni
agonizzanti e striscianti,
come vermi malati,
non piú esche per l'ingenua felicitá,
ma semi della mia malinconia!

Al primo piano una vecchietta
tende la mano al nipote:
su ogni ruga delle dita
un mucchio di petali di margherita,
su ogni macchia della pelle
un bimbo non nato.
Sul suo sorriso peró
ogni anziano che ride,
un mazzo di fiori
per l`amore rinato, con scarpe da tennis
ed un lieve odore di prato, vermi e concime.

Al secondo piano la malattia
visita un paziente
e con sguardo severo
ne annuncia la fioritura,
mentre un medico con occhiali da sole
vede solo il chiaro di luna
e prescrive nuvole e crisantemi.

Quando una persona ti bacia
ti ammala, ti dona una ruga in piú e
tanti petali di malinconia.
Quando la malattia s'ínnamora,
ti bacia, ti dona il quinto sorriso e
tanti petali di malinconia 
Non riesci a contarli tutti,
ma son tanti quante le vene che ti si ingrossano
e rimani come uno strozzato ruscello  fra le sponde
del "muoio o non muoio",
perché hai le vene ingrossate di petali
di margherita.
Quando una persona ti bacia
le labbra e le interiora si sussurranno a vicenda:
"muoio o non muoio".

Adesso canto la filastrocca di una margherita e
mi sfoglio
dei miei petali mentre guardo dall'ultimo piano
dell'ospedale il paesaggio e gli occhi riflessi
della gente. Le alpi sullo sfondo sono
la dentiera per il sorriso mancato di un gigante
e il cielo è la gola che deglutisce gli sguardi.
Chissà se esiste un dottore su questo piano
che ha per pareti nuvole e per luce
la mia fantasia?
Avrá i denti grigi come la malattia o
solo un profumo di alloro bollito?
O forse somiglierá a questa corda morta
che invidia il mio respiro.

Appeso a questa corda mi sento come
all´ultimo piano di un ospedale.
Non c´é  finestra che non sia un suicidio e
non c´é una porta aperta che non sia un sorriso,
ma le scale sono come la gola che deglutisce gli sguardi.
L`unica salvezza é la malinconia,
e lo sguardo di una rugosa fanciulla,
che posa il ricordo della verginitá
,come una lettera di un amore morto,
nel cassetto del comodino
accanto alle medicine.

Related Articles

Decanta

Albata orientale

Se dotta