E´facile parlare del fallimento della politica nostrana e prestare il fianco alle contraddizioni dell´ antipolitica, alle canottiere in balcone e ai vaffanculo in piazza. Si potrebbe anche pensare che l'antipolitica non esista, e che ogni sua forma non sia altro che il simbolo di un nuovo partito. Le ascelle di Bossi, spiattellate alle vie del nord, erano il dogma di un partito che si rivolge al popolo senza retaggi, e gli improperi di Grillo non sono altro che un slogan mediatico, che niente ha da invidiare ai milioni di posti di lavoro spiattellati sui cartelloni delle autostrade fino ad una decina di anni fa.
Forse piuttosto di parlare di un ricambio di simboli e di voci dietro ai megafoni, andrebbero ridiscusse le regole di rappresentanza che sono vecchie di secoli.
Il mio ragionamento é semplice, sentiamo spesso parole come "preferenze" e "consenso" usate dalla politica e dall´antipolitica: una la usa per legittimare la propria azione e qualche volta i propri "pruriti" legislativi, l´altra per delegittimare la controparte con lo stesso linguaggio, ma capovolto. In pratica la preferenza, in ultima analisi il voto, viene conteso e sembra che a nulla valgono i risultati delle elezioni, forse perché troppo spesso le basse percentuali di preferenze unite a delle regole elettorali, montate ad hoc per esigenze momentenee, giustificano il pensiero che ogni elezione puó essere letta in chiavi diverse da quella elementare del vinto/perso. Cosi si insinua il sospetto che il voto non sia il vero motore della democrazia ma solo la fiammella di una conquista che sta per spegnersi se non rinvigorita. Dobbiamo ripensare il valore del voto in modo che non ci sia discussione sulla sua legittimitá, ma nello stesso tempo riappropiarci di questo diritto, ma come farlo?
Forse nell´era del web 2.0 ha senso ripensare il sistema della rappresentanza che é il valore stesso del voto. Potrei distinguere fra rappresentazione indiretta, ovvero quella esistente per cui delego un politico come testimone dei miei bisogni, doveri e diritti, e quella diretta che si esplicita temporalmente solo fra l'apertura del seggio e la sua chiusura, in cui ogni distanza si affievolisce e ogni politico aiuta la sua vecchietta, a braccetto, ad attraversare la strada portando il suo prezioso voto. Si potrebbe dire che durante le elezioni il singolo cittadino vota la sua "legge", votando il singolo politico. Dopo il nulla. Non c´é infatti nessun contratto vincolante fra il politico ed il suo elettore una volta partita la nuova legislatura, se non l´ombra dei sondaggi e della perditá di popolaritá. Ma chi si rivede nelle statistiche spiattellate dagli onorevoli alle televisioni?
Quindi soffermiamoci sul concetto di rappresentazione diretta, che si esplica benissimo in fase elettorale. Come rendere questa permamente, o semplicemente maggiormente influente, anche a chiusura delle urne? Esitono strumenti affidabili , diversi dai sondaggi, che riescono ad esprimere ad ogni attivitá parlamentare la preferenza popolare? E se questa fosse possibile in toto , ovvero se per assurdo ogni cittadino potesse votare ogni legge proposta, e anzi proporre le sue senza intermediari, sarebbe un bene per il paese? O piuttosto una caduta nell´ingovernabilitá in base alla "pancia" di gente che spesso non ha competenze specifiche sugli argomenti.
Prendiamo per assodato che non vogliamo rivoluzioni tout court, ma solo uno miglioramento "sostenibile" della nostra democrazia, allora é difficile rinunciare in toto alle forme di rappresentazione indiretta, fare a meno dei professionisti della politica, ovvero gente che di mestiere interpreta i valori che vengono dalla porzione di societá che lo ha eletto e li traduce in legge. Quest' attivitá richiede una preparazione tutt'altro che banale, che richiede una visione di insieme che il singolo cittadino potrebbe non avere. E´facile dire che non esiste un universitá della politica e che parecchi sarebbero i rimandati, ma non mi interessa questo aspetto adesso. Mi tiene solo puntualizzare che non ci si puó sotrarre da una forma di rappresentazione indiretta e che la si puó solo contenere con dosi benevoli e all 'occorenza massiccia di quella diretta. In fondo i referendum hanno una funzione analoga, ma non hanno potere di legislazione.
Bisogna quindi permettere una partecipazione benevola del voto popolare che sia da termometro della salute democratica e politica dello stato. Qui interviene il web 2.0 e le sue caratteristiche sociali di diffusioni delle notizie e del grado di apprezzamento degli utenti. Una parte dei voti, addirittura dei seggi parlamentari, dovrebbe essere veicolato in sistemi che siano sociali nella condivisione e che permettano di esprimere un giudizio netto e consapevole. La consapevolezza del voto deriva dai sistemi informativi che potrebbero essere veicolati dalla maggioranza, dalle opposizione e anche da associazioni esterne alla politica in base al contenuto. Per esempio ogni dieci parlamentari, 3 voti potrebbero essere telematici e legati ai risultati del voto sociale (chiamamolo "social voting"). Il social voting misurerebbe il grado apprezzamento di chi sta fuori delle istituzioni e potrebbe scattare solo quando si supera una certa soglia di percentuale di voti.
Inutile dire che i sistemi informatici sono ormai da tempo maturi per garantire la sicurezza del social voting e una diffusione capillare delle informazioni e dei parere utili ad esprimersi. A tal proposito a Berlino i pirati informatici propongono un software chiamato LiquidFeedback che vorrebbe automatizzare un sistema di voto tramite livelli di delegazioni, revocabili in ogni istante, chiamata in gergo democrazia liquida. E´difficile riassumere in poche parole questo software, tralaltro open source, in quanto é il frutto di interessanti studi di statistica per la valutazione dei voti, ma é una testimonianza delle possibilitá che la rete e le tecnologie possono generare. A mio parere, per quanto spiegato, é assurdo pensare ad un sistema di rappresentanza totalmente diretto, in cui sono libero in ogni stante di esercitare il potere di delega come nel sotware proposto, e ogni nuova tecnologia a riguardo dovrebbe invece creare un´intermediazione fra vecchio e nuovo, insediarsi nelle nostre istituzioni ottocentesche rinnovandole da dentro.
Forse sono un ottimista, ma penso che la democrazia possa ancora evolversi ed eliminare quella parvenza di oligarchia che spesso fa il buono e il cattivo tempo e che da sempre da il fianco ad ogni dietrologia sugli eventi del nostro tempo.