Che cosa mi ha lasciato questo libro? una scrittura che viscida si attacca alla pelle e al cervello per rimanerci a lungo, e una o due provocazioni, per lo più dette per voce di un adolescente molto credente. Una di queste provocazioni mi piace raccoglierla e lanciarla come una pallina da tennis contro l'avversario, che è il mio lettore ed interlocutore, sperando in cambio di ricevere uno splendido rovescio per il puro piacere del gesto tecnico:
"Non ci va l'idea dei travestiti, una forzatura che non capiamo, ma abbiamo scoperto presto che c'è in loro una gioia particolare, e una disperazione, che rende tutto più semplice - ne risulta un'illogica prossimità. Abbiamo in comune questa infantile attesa di una terra promessa, e condividiamo la volontà di cercarla senza il minimo pudore. Così nei loro corpi scrivono che sono tutto - la stessa cosa che si legge nelle nostre anime. Inoltre esibiscono una forza curiosa, apoggiata sul niente, e per questo simle alla nostra. La materializzano in una bellezza strafottente, e in forma di luce, che percepisci chiaramente quando in bicicletta arrivi al loro angolo di strada nella notte[...]"
Ma di quale illogica prossimità ci parla Baricco? Quella fra l'adolescenza e la transessualità, o come piuttosto mi piace pensare, quella fra la fede e la transessualità? Entrambi questi tre macro argomenti costringono l'individuo ad un'esperienza nuova, che ha per fine la speranza della terra promessa, ma che è poi tutt'altro che un nuovo viaggio nella storia dell'umanità. Certo l'adolescenza la vivono tutti, in maniera più o meno tragica e solitaria, tanto da avere per ogni ragazzo una dimensione quasi epica, ma la fede e la transessualità non attraversano le vite di tutti. Proprio per questo mi sembra più azzeccata questa prossimità, anche se apparentemente illogica.
La ricerca della "gioia particolare" mi fa pensare a quelle riunioni nella chiesa parrocchiale quando si cantava "tu sei la mia vita" fingendo sorrisi e allegria, quando invece la tua adolescenza batteva i tamburi dell'inquetudine e la tua sessualità cantava l'opposto, e gridava la parola "orgasmo" se non in faccia alla gente almeno dentro di te. Chissà se i transessuali cercano anch'essi una gioia particolare quando mettono i tacchi, e se anche loro, dentro, hanno una "adolescenza" che gli grida l'opposto, che rappresenta la loro corporeità e quel sesso non riconosciuto stritolato da mutande attillate?
Forse i transessuali cercano una terra promessa, un isola-corpo, che rappresenti la loro sensibilità e che forse non esiste in questo mondo, quando invece chi ha fede guarda sempre il cielo e usa il corpo solo come un vascello verso la propria isola-nuvola, che proprio non esiste in questo mondo, almeno sicuramente non sui giornali. Entrambi cercano quest'isola senza il pudore di mostrare una mappa del tesoro che ha per inchiostro la speranza, e qui in questa ricerca avventurosa sta tutta la mia ammirazione e il mio rimpianto di non appartenere a nessuna di queste categore. In fondo ognuno di noi però ha una mappa del tesoro, più o meno leggibile in base all'intensità dell'inchiostro immateriale che usiamo, ed il mio deve essere abbastanza scadente se non sono mai partito finora alla ricerca.
I trans scrivono nei loro corpi che sono uomini e donne o forse nessuno delle due categorie, in questo forse li preferisco a chi ha fede, che magari non desidera neanche per un momento essere chi non ha fede. Qui cade forse questa illogica prossimità.
Mi scuso con chi potrebbe sentirsi offeso da questo gioco di paragoni, ma spero piuttosto di ricevere una battuta a rete con punto e vittoria finale da un avversario di livello come il mio lettore.