Il giorno, l'aria che ci scambiamo, tutto quello che ci accade intorno è il protagonista vero dei romanzi di Murakami. Le persone sono come gli scogli su cui batte il mare, non hanno nessuna responsabilità sulle correnti o sulle maree, ma su di loro le onde si inarcano fino a vette schiumose e larghi ventagli di gocce salate. Il protagonista di "Norwegian Wood" è per più di meta delle pagine l'approdo inconsapevole e la spiaggia per due donne dai modi fiabeschi e dalle sembianze di sirene ammalianti. Toru, appunto, finisce per vivere, anche un pò passivamente, le angosie e i desideri di due splendide eroine e rappresentanti dell'universo femminile di Murakami: Naoko è sfuggente come un fantasma, bella come un sogno, e fragile come un libro antico e raro; Midori è materiale bollente e sangue nelle vene, piacere che ti vibra nel corpo ed intelligenza viva che ti pulsa nei ricordi. Toru sembra non reggere il confronto e il suo carattere viene descritto, con efficacissima maestria, proprio dalla linea di confine con il mondo delle due suddette eroine. Solo le sue reazioni alle richieste d'attenzione di Midori e al silenzio di Naoko ci da la misura della sua incapacità di scegliere fra questi due universi, che poi sono il pensiero e la carne, la sofferenza e la gioia, la tenerezza e la malinconia. Toru non riesce a fare a meno di entrambe, a sceglierne una sola, perchè loro riempiono la sfera umana nella sua integrità, perchè tutti noi abbiamo bisogno di una donna che sia Naoko e Midori insieme.
E poi c'è l'aria intorno, tutto quello che ci prepara e ci plasma, come il vento con le montagne, e si fa specchio delle nostre emozioni: le cose quotidiane che ci circondano sono la platea che applaude al teatro di Toru, Naoko e Midori. Quando loro si parlano, guardano la platea e esprimono a noi i loro ardenti impulsi e le ansie non soddisfatte. La loro speranza è che noi risolviamo la loro incomunicabilità, che non riduciamo la nostra presenza alla'aria che ci scambiamo. E noi vorremmo prenderli per mano e accompagnarli all'altare dell'affetto, del trovarsi definitivamente, anche rinunciando a quella voglia non goduta di tenerezza che ci commuove e ci rende complici della loro umanità.
"-Ma cosa faranno mai le formiche nei giorni di pioggia?- chiese Midori
-chissà, -dissi io.- Faranno le pulizie della tana o metteranno in ordine le provviste."
Murakami fa parlare il paesaggio, ovvero noi che siamo la sua platea, e la rende specchio e simbolo dei moti del cuore dei personaggi. Ogni cosa esterna ha senso perchè diventa intestino, pancreas e pensiero. Ma d'altronde cos' è la realtà se non un 'estensione sensoriale che soffre e grida dolore e gioia come una persona, come un personaggio dei romanzi di Murakam, come la platea in cui siamo singolarmente ed emotivamente presenti, partecipi ed insieme spettatori.
Del romanzo non ho altro da dirvi se non che grida, anche chiuso sul tavolo, di essere riletto, come se non farlo rappresentasse la morte definitiva dei protagonisti, della platea intorno e quindi anche di me stesso. Quindi non posso fare a meno di sfogliarlo ogni tanto, per ridare aria alle parole ed ai miei fremiti che ho lasciato aggrappati alle parole...