"Parla con lei è un esempio in cui l´arte del cinema, come in pochi casi nella sua storia, riesce a fare filosofia. La figura del protagonista, per quanto venga etichettato come un pervertito al cui solo pensiero il suo avvocato vomita, per tutto il film anche nei momenti più bui ha una luce di serenità. Per 4 anni accudisce una splendida ragazza il cui corpo si abbellisce ogni giorno di più, ma la cui mente non risponde a causa di un coma. Ma siamo solo noi, spettatori, a pensare a quel corpo stupendo, mentre il protagonista si preoccupa di chiacchierare con la ragazza, che abita quella vestigie spenta, e farla stare bene come se nessun incidente fosse successo.
Le cura il corpo, le massaggia il viso e la coccola con meticolosa dolcezza. Eppure noi spettatori non riusciamo a condividere la tranquillità del protagonista e per tutto il film ci aspettiamo la scintilla che sfocia nella più normale e quotidiana depravazione, nel gesto di violenza contro un essere incapace di difendersi. Non ci aspettiamo il gesto d´amore. E' anche un gesto d´amore, per quanto oscuro o meglio in penombra, alla fine non riesce a staccarsi nella nostra fantasia dall´idea della violenza e dell´egoismo. Non accettiamo che il protagonista possa aver fatto l´amore con lei. Troppo per la nostra scienza del quotidiano. Difficile rassegnarsi al fatto che questo gesto in penombra possa averle fatto bene e risvegliarla dal coma, perché per noi non è amore ma puro egoismo. Strano è pensare che il protagonista abbia qualcosa da insegnarci. Difficile è capire che 4 anni di attenzioni e cure da dedicare ad una persona che non ci risponde sono un dono meraviglioso che non merita ricompensa diversa dal dono in se. Quanto vorrei che il protagonista fosse qui accanto a me ad insegnarmi a parlare con lui e con gli altri, invece di finire i suoi giorni nella pellicola di un film.