Ringhiere

 

Si preparava per incontrare il mondo:

le forcine colorate

fra le dita di una mano

e i capelli bianchi sull‘altra,

il collo ancora da vergine

ai baci dello specchio

e alla menta aromatizzata

la dentiera in un bicchiere.

Fuori le rughe del viso,

le gambe stanche,

la strada di casa nostra

e il passeggio della gente

verso il lungomare.

Preparata la sedia,

un trono su un balcone

che è un altare,

curando che non sia gualcito

il grembiule, ma comodo

come a fiori

i cuscini su un divano.

si sedeva mia nonna.

Sul suo grembo

invitava a sedersi,

raggomitolato come un nipote,

il mondo con il ginocchio sgualcito,

ed insieme guardavano

le rughe della ringhiera

e al di lá

il passaggio della gente

verso il lungomare.

 

Ieri,

fermo ad un semaforo,

fra le sbarre di un cancello appresso,

gli occhi di un cane

con le piroette dell’ aria

sulla lingua fuori a palco:

insieme guardiamo tre satelliti,

posati su un albero verde,

due spenti ed uno rosso,

senza foglie. Al seguito tante vite,

dentro scatolette di metallo,

su uno scaffale di cemento

con il prezzo a nuvolette

ad adorare questo magro altare.

Occhi grandi, quadri appesi

di un muso-museo

con riflessi di natura,

e di supermercati a buon prezzo.

Dipinti mai fermi

con disegni infantili

di gente con le braccia fuori

dal finestrino.

Finestre di Carcere

in attesa della libertà.

 

 

Da neonati siamo nulla

che esplode,

da vecchi siamo una ringhiera

con una cuccia ed un pannolone..

 

Ogni sera mia nonna preparava

il lutto più bello,

una gonna nera con fiorellini grigi,

,piccoli ceri spenti alla vista,

ed un ciuffo, pianta grassa

in un deserto grigio,

piegato con la lacca.

Una volta seduta,

il mondo in grembo,

la strada si asfaltava di cielo

ed ogni passante passava

come una cometa ed un desiderio:

Un infante in bicicletta seguiva

la scia dei genitori,

mentre un vecchio

fiocamente spariva.

Due innamorati giocavano

alla terra e alla  luna,

mentre una rondine volava

fra le galassie.

 

Preoccupata talvolta

con le braccia appoggiate ai ricordi,

guardava i coltelli della gioventú,

ricordando il nulla

fra ogni suo bacio donato,

e il nulla fra ogni fiore sgualcito,

e le lame cadevano sul suo nulla,

suicide da ponti di tenerezza;

solo allora si sedeva

mentre fuochi d’artificio

schioccavano come baci.

 

Alle volte la strada era un vicolo di presepe,

e mia nonna, seduta,

al passare del bue e dell´asinello

cercava la finzione della neve

e dell rumore dell’acqua..

Cucciolo, cosi lo chiameró dinanzi,

non cercava il perché

dei riflessi suii finestrini,

e gli bastavano il tramonto rosso

e l’ alba verde che lo divertivano

come una pallina in aria

che volteggia per lui.

 

Cucciolo non aspettava l’orizzonte,

ma soffriva i denti arrugginiti del cancello,

stretti sul muso.

Avrebbe voluto abbaiare alle nuvolette

dai tubi di scappamento

e leccare i colori di quelle lattine

con odore di dopobarba e sudore.

Forse tutti erano lì fermi per lui,

ma le fauci del cancello

gli dolevano sul muso;

L’aria al di là aveva l’odore

del correre e del saltellare..

 

Io contemplavo il semaforo,

e guardavo cucciolo scodinzolare

come gli occhi di mia nonna

al passaggio dei re magi con i doni.

Scattato il rosso

un suono di clacson mi ricordava

che non avevo il diritto

di ricordare tutti i dettagli del manto di Cucciolo.

Aveva una peluria nera, un tappeto

da sera fra gli occhi e il muso,

e una aiuola di grano fra le orecchie,

ma del suo dorso rimaneva una chiazza

sfocata di vita.

 

Mentre madri con bimbi al seno

e padri con ombrelloni e giochi

si avviano verso la spiaggia,

mia nonna scende e mi prende per mano.

Ci seguono lavandaie,comete

semafori e pastori

con capretti sulle spalle.

Da un cancello Cucciolo esce

scodinzolando al mio respiro.

Non ricordo il vestito di mia nonna

non ha importanza, ma i sogni

sono come i cortelli dell´adolescenza.

 

“vieni Andrea,

ti portiamo a mare”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

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