Il viso di Anna, l’autrice del libro inchiesta-riflessione "La russia di Putin", è talmente intenso che difficilmente dopo si riesce a pensare male del genere umano: i suoi occhi attenti e brillanti sono emblema di intelligenza e di estrema dignità. Eppure il suo libro è una dichiarazione di guerra alla stupidità del genere umano che talvolta è artefice, talvolta è succube della propria rovina.
In questo libro il genere umano è il popolo russo e l’artefice dei suoi guai non è , come si potrebbe pensare dal titolo, lo stesso Putin, ma il popolo russo. Tutte le tragedie russe avvengono infatti sotto il bene placido silenzio dei vicini di casa, dei conoscenti e dei funzionari statali, che il potere vero (=Putin) guarda con fastidio e disprezzo una volta diventato tale. Le analogie con gli anni peggiori del comunismo sono molteplici e anzi le vicissitudini hanno le loro radici proprio in quegli anni, ne sono una logica conseguenza; inoltre l’indifferenza occidentale è la stessa di sempre, anzi è una connivenza di sorrisi, abbracci e scherzi fra leader mondiali.
Il libro apre con la violenza della guerra della Cecenia e raggiunge il suo apice nella descrizione del caso del colonnello Budanov. Questo alto funzionario dell’esercito è accusato di aver ucciso una presunta terrorista, nonché una giovane e bella donna. Un nutrito numero di pagine spiegano come molti russi si indignarono perchè un valente militare era stato incarcerato, solo in quanto in uno spiegabile eccesso d’ira si era sfogato contro una cecena, che avrebbe fatto saltare in aria parecchi suoi amici e colleghi. Da qui la descrizione dettagliata dell’aiuto e delle dichiarazione di difesa da parte dei ministri di turno o degli alti ufficiali. La famiglia della povera ragazza senza nessuna difesa capace, almeno all’inizio, subiste la pressione di una informazione guidata dall’alta e le angherie di un razzismo veemente.
Le incarcerazioni e le scarcerazioni si susseguono perché è assurdo lasciare libero un assassino che ha ucciso senza prove alcune sulla colpevolezza della ragazza, ma è difficile anche tenere dentro un coraggioso servitore dello stato. Tutto il paese russo si divide, ed all’estero non traspare notizia di questa scissione civile e morale. Che cosa gliene viene a Berlusconi se muore una povera ragazza senza colpe della cecenia.
Alla fine, solo alla fine della vicenda si scopre che la ragazza era stata brutalmente violentata e che era stata seppellita nuda, ma cosa importa quando in cecenia si combatte contro il “terrorismo”. Se poi il suddetto colonnello era solito a questi brutali “incontri” cosa gliene poteva importare al ministro di turno? L’importante sono gli oleodotti che attraversano la regione…
Con l’amaro in bocca Anna ci descrive poi la corruzione burocratica e politica della russia andando in dettaglio sulla capacità imprenditoriale della mafia. L’uso massiccio della violenza e l’indifferenza collusa dei politici permette l’ascesa di tipi molto poco raccomndabili. Su tutti Fedulev, che con diabolica abilità e strategia, si impadronisce di tutte le aziende, ex pubbiliche e non, per succhiarne il midollo osseo senza nessuna attenzione ai danni arrecati al tessuto economico locale. A suo supporto non solo la polizia, ma anche la magistratura, invogliati da uno stipendio da fame e incastrati nella stretta tela di corruzione, in modo da creare un "carro armato" veramente invincibile sotto qualsiasi livello.
Il tutto avviene sotto gli occhi della gente , che raggirata da una informazione corrotta, finisce addirittura ad osannare Fedulev ed a cercare le cause della sua estrema indigenza altrove, anche addosso agli innocenti ed ai truffati. Così giudici coraggiosi devono fare le valigie per salvaguardare l’incolumità delle proprie famiglia e i giornalisti coraggiosi muoiono, perché è troppo voler fare luce sui motivi della miseria del popolo russo.
Infine lo sguardo lucido di Anna ci spiega e rammenta le tragedie del teatro del Nord-est e della scuola di Beslan a noi occidentali smemorati. Ogni intervento delle pubbliche forze contro il terrorismo, in entrambi gli episodi, ha mietito vittime senza una giusta causa, ma in più ha anche nascosto e ridimensionato il numero delle vittime, cancellandone l’esistenza in base alla nazionalità. Una vittima cecena, che sia uno spettatore del teatro, un bambino della scuola , non meritava attenzioni anzi l’oblio e le frustrazioni dei disperati familiari alla ricerca della verità. Il dialogo con i terroristi non è stato mai cercato e gli interpreti non erano neanche ammessi, bisognava che si parlasse il russo e basta nelle poche trattative.
Entrambi i due fatti citati sono stati gestiti dalle autorità in maniera scandalosa e fallimentare. Molte vittime si potevano evitare, eppure i politici festeggiano gli anniversari come una vittoria sul terrorismo ed osano pure invitare i familiari delle vittime. In realtà festeggiano le morti dei ceceni con un manifesto razzismo e già che ci sono festeggiano anche la loro impunità.
In questo clima Putin governa e sembra che niente lo sfiori. Con la freddezza tipica del KGB dirige un paese, senza accorgersi dei tanti anziani che muoiono congelati perché non hanno il riscaldamento o del continuo vilipendio delle coscienze e della moralità dei popoli che compongono il macrocosmo russo.
A malapena ha sentito lo sparo che ha ucciso Anna, e non ha proferito una parola sul valore della sua perdità. Gli interessava solo catturare il suo omicida, per dimostrare al mondo che in Russia al contrario delle apparenze una giustizia c’è.