Maledetta Sarajevo di F. Battistini e M.G. Mian

La guerra dei balcani sembra una riproduzione in grande stile delle nostre piccole e meschine  beghe quotidiane a difesa del nostro vitale orticello. Dietro la rivendicazione dei serbi o dei croati contro I bosniaci musulmani e' facilissimo ritrovare il verbo della pensionata che ha paura ad andare al mercato e ad uscire il borsello per pagare, perche si sente osservata da occhi stranieri. O per lo meno la paura della nostra vecchina indifesa e' la perfetta bandiera nazionalista da issare sul carro armato che giustifica l'annientamento del cortile e della casa del vicino per proteggere l' incolumita' a rischio presunto dei propri cari.

 

Eppure chi negli anni 80 del secolo scorso andava in giro per Sarajevo, nel centro vivo dei balcani, ne decantava la multiculturalita', figlia di una prossimita' secolare fra popolazioni diverse per tradizioni e  persino lingua. Per le strade della capitale bosniaca era facile incontrare una chiesa cristiana, accanto ad una ortodossa, ed in prossimita' di una moschea, con la guida dell'intera comunita' condivisa da concili ristretti dove sia l'Imam, che il vescovo, che il patriarca risolvevano I piccoli problemi quotidiani con il dialogo costante e la collaborazione. Durante l'impero ottomano o la dittatura di Tito, per secoli le velleita' di un popolo di soverchiare l'altro erano spente dalla necessita' di fare fronte comune, di fronte al potere assoluto che si reggeva sulla paura e forse sulla semplice consuetudine di una non credibile alternativa alla convivenza.

 

Entrambi i regimi chiudevano gli occhi  sugli usi e costumi diversi pur di mantenere il controllo, e I sudditi in cambio accettavano la sottomissione pur di mantenere il proprio orticello fisico e culturale al riparo dalle ingerenze. Qualcuno cedeva pero', e nel passato remoto molti fratelli Serbi o Croati diventavano Islamici per accedere ai privilegi che la religione dominante assicurava durante il periodo ottomano, oppure piu recentemente rinunciavano in silenzio alla propria nazionalita', e diventavano comunisti e basta, senza confini.

 

Per questo le stragi di Srebenica dei musulmani, ad opera dei serbi bosniaci, hanno un lato oscuro ed imperdonabile che sa di fraticidio e non di guerra dichiarata alla diversita' o alla religione musulmana, come appare all'esterno.

Pur di uccidere il fratello e di motivarne l'uccisione, sia I serbi che I croati erano disposti ad andare a vicende storiche remote, e forse poco plausibili, a risvegliare morti che dorminavano pacifici , pur di trovare un sorpruso del passato che giustificasse quello inimmaginabile del presente. Cosi i serbi diseppellivano morti ammazzati dagli ustascia  croati nel periodo della seconda guerra mondale, e si passavano le osse quasi a riassaporare la violenza passata, che non aveva in realta, alcun odore, se non il lerciume classico prodotto dalla profanazione della storia ai propri fini meschini. 

 

E quando non si avevano teschi da scambiare, si inventavano storie di massacri, ma anche di semplici sospiri quotidiani al ritmo di "si stava meglio quando non c'erano" quando invece loro erano sempre stati li come fratelli. L'odio per I musulmani durante le guerre balcaniche ha un sapore troppo consueto ai nostri giorni, sa di mancata integrazione e di storie raccontate per amplificare la condizione del diverso, magari inventate, forse vere, ma comunque pronte li a giustificare e nutrire l'odio che sta per esplodere. E che poi esplode.

 

I giornalisti Battistini e Mian ripercorrono con cronache giornalistiche, precedenti allo scoppio dei primi combattimenti nel 1991 fino ai giorni nostri, le ragioni di una terra che ha prodotto molta piu storia di quanto potesse digerirne. E lo fanno con dovere di cronica senza tacere I fatti piu crudi, fino all'indifferenza degli Europei e degli Stati Uniti per la tragedia che stava accadendo.  Colpisce anche come vengono registrate le reazioni dell'opinione pubbliche ad una guerra vicina in termini geografici all'europa, e lontana in quanto nasce dal sensazioni e vicende viscerali, da copione di film sula  seconda guerra mondiale, che l'occidente non pensa possano essere ancora attuali o attuabili.

 

L'odio non e' un prodotto ancora capitalistico che fa andare a gonfie vele la pubblicita sui social e le terre bagnate dalla Drina , il fiume che attraversa e separa a volte le etnie bosniache, sono una realta' quasi esotica, che non puo avere risonanza in alcun giornale nazionale se non a colpi di migliaia di morti. E cosi sara'.

 

La banalita del male verra' dalle poesie di uno dei piu sanguinari attori delle guerre jugoslave, Karadzic. Spesso dedicate alla moglie, raffigurano un personaggio che viene dal mondo della cultura e diventera' un capo politico e militare spietato a radicare la pianta del diverso:

 

 

"Quando tu non ci sei

Per sentire il profumo dei tuoi capelli,

Immergo la testa nella chioma del tiglio:

Ne scappano gli uccelli."

 

Chissa se gli uccelli scappavano per paura? Perche la Guerra nei balcani si fa sulla pelle del diverso, ma sopratutto sul corpo delle donne, delle mamme e moglie del nemico. Difficilmente la cronaca moderna ha mai raccontato la guerra come stupro sistematico delle donne del popolo da conquistare. Perche' la paura della violenza dell'islam , l'islamofobia, consentiva all'esercito serbo di stuprare sistematicamente migliaia di donne musulmane in un moto di violenza genocida e annullatrice. La quotidianeita' della guerra bosniaca passava dalle poesie per l'amata lontana, all'uccisione di moglie e madri con una semplicita disarmante, come la banalita' del male.

 

E niente ha potuto il tribunale di guerra per anormalizzare l'odio razziale ed etnico. Anni di racconti delle violenze piu inaudite nei tribunali dell'Aia hanno solo raccolto una area mistica, ad uso e consumo, della parola genocidio e decine di suicidi, pensati , tentati e riusciti, di chi le quelle volenze le raccontava nei dettagli, di fronte al proprio aguzzino in tribunale.

 

Leggere le guerre balcaniche e' guardare all'estremizzazione delle nostre beghe quotidiani e umane. E' riconoscere che per guardare agli orrodi della guerra , non serve guardarsi un polpettone hollywoddiano sulla lotana seconda guerra mondiale, dove il buono e' l'americano e il cattivo e' il tedesco. Basta guardarsi dentro per riconoscere dentro di se il lupo e l'agnello.

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