il risorgimento e' stato nella mia infanzia e nei primi miei anni di studio un' epopea di eroi e di ideali talmente lontana dal presente, che sembrava non valere la pena neanche arrivarci con il programma scolastico, ma a cui tuttavia si faceva riferimento in ogni evento storico dell'Italia, per sottolineare che l'unita d'italia aveva dei padri illustri, pur senza approfondirli. Dovevano essere pallosi, questo avevo pensato, perche' gli insegnanti non li affrontavano mai con entusiasmo. Era forse ignoranza? O poca simpatia? O mancanza di bagaglio culturale per decifrarli dal loro contesto e declinarli nella nostra attualita'? O una sottile ipocrisia, che dietro un' esaltazione nasconde in realtà un tradimento?
Quante volte piazze, vie e statue nelle nostre citta' ci continuano a ricordare che esistono, nonostante i loro nomi hanno un vago gusto da nota nel registro? Negli ultimi decenni la nebbia retorica, che li preserva, e' stata un po diradata e si comincia con distacco a guardare a quelle storie della meta del diciannovesimo secolo, forse con la coscienza che un po' gli italiani sono stati fatti dalla tv e sopratutto da anni di vita comune a piangerci addosso. Con questo mio zaino culturale ed emotivo ho cominciato a leggere "I Traditori" di Giancarlo De Cataldo, dove il risorgimento diventa come una serie televisive ad episodi in cui, in luoghi diversi da Londra fino alla transilvania, si muovono personaggi reali e immaginari. Come nelle serie televisive, gli avvenimenti allungati, per motivi di audience, diventano un insieme di eventi caotici, dettati dai personalismi degli attori principali, che sembrano quasi dire che l'unita' d'Italia sia stato un caso, il risultato di tanti successi e seguenti fallimenti. In quest'ottica vengono umanizzati tutti: Mazzini e' un vecchio che non vuole mai stare in prima linea, Cavour un arrivista intelligente e tornacontista, Pisacane un ardito e passionale giovane, e si prova simpatia per ognuno di loro, come eroi finalmente usciti dalla gabbia dei libri di scuola ed entrati come protagonisti di una serie tv di successo. Questo e' un limite ed allo stesso tempo un pregio di questo romanzo, che tuttavia ha anche il merito di avere il coraggio che nessun insegnate ha mai avuto nella mia personale esperienza scolastica. Inoltre la sequenza degli eventi ed i contesti sono realistici e solleticano la curiosita' del lettore: per esempio la strage di bronte o l'attentato a Napoleone da parte di Felice Orsini. Non c'e' traccia di gratuita retorica in queste pagine, anzi spesso i personaggi sono vili, cambia bandiere in base al momento.
Su tutti pero' sovrasta, seppure con tanti difetti, Mazzini che, se non riesce ad essere concreto e viene facilmente manovrato da Cavour, dimostra un altezza morale indiscutibile. Mazzini credeva in ideali repubblicani modernissimi, mettendo la questione agricola e degli operai al centro del dibattito sociale, e risolvibile mediante teorie sociali di distribuzione della ricchezza in proporzione al lavoro prodotto. L'abolizione della proprieta privata profetizzata da Marx era, secondo Mazzini, inattuabile e dannosa per l'economia, e avrebbe alla lunga favorito la creazione di una classe politica dominante, prevedendo quindi la deriva tirannica del comunismo.
Questi dettagli del pensiero mazziniano non li trovi nel libro, ma e' la curiosita che ti stimola a farteli ripescare dalla rete. Sempre tramite queste pagine scopri che Mazzini durante un viaggio in treno aveva incontrato Nietzsche con la sorella. Entrambi avevano filosofeggiato, su insistenza del pensatore tedesco, sul valore della violenza. Cosi finisci per immaginarti questi uomini chiacchierare senza la consapevolezza che le loro discussioni sarebbero state manovrate dalla propaganda rispettivamente del fascismo che del nazismo. Insomma l'autore De Cataldo solletica la fantasia e riporta sulla terra personaggi abusati per i piu' diversi scopi e ridotti a statuine in piazze ed in nomi di vie da negozi. De Cataldo ci ricorda che il risorgimento e' stato un processo lento, in cui ad ogni azione e' corrisposta una reazione, ad ogni ardore un tradimento, per poi passare tutti sul carro del vincitore di turno calpestando in vita quelli che nella morte sono diventati eroi di una nazione giovane che aveva piu' sudditi che cittadini.