Nessuna pietà per il piccolo Adolf

ImageHelga Schneider denuncia il terrificante progetto nazista T4, che aveva in oggetto quello di eliminare i bambini deformi o i malati di mente.

Greta ha ottant’anni, una lunga vita trascorsa accanto a Rudi, e ogni anno per il suo compleanno riguarda un vecchio album di foto, una specie di rito dedicato a suo figlio Adolf morto misteriosamente. Helga Schneider, la scrittrice di Il Piccolo Adolf Non Aveva Le Ciglie (Einaudi pagg 194 euro 9,50), è molto abile nel mescolare la serena vecchiaia di Greta e i giorni invece convulsi e terribili della sua giovinezza, quando era sposata con Gregor Von Witting, membro di una delle più influenti famiglie tedesche e ufficiale delle SS elegante e spietato. Ma per una giovane segretaria del popolo, impiegata nelle SS, quest’uomo rappresentava in quel momento un sogno che si realizzava, simbolo di un nazismo che sembrava invincibile. Purtroppo il suo sogno si trasforma presto in un incubo, quando nasce il loro figlio Adolf, affetto di mongolismo.
Il romanzo, oltre ad essere una denuncia del terrificante progetto T4, che aveva in oggetto quello di eliminare i bambini che nascessero con delle deformazioni o i malati di mente (morirono settantamila persone, fra cui una parente di Hitler e l’ultimo morì il 29 maggio 1945, nonostante i Russi e gli Americani fossero già in territorio tedesco), riesce a gettare uno sguardo lucido sulla società nazista nel suo momento di maggiore orgoglio, raccontando sia le cene eleganti con Hitler, sia i tentativi di ribellione di piccoli gruppi, come il film La Rosa Bianca racconta.

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